domenica 30 gennaio 2011

In attesa

Insomma, siamo a termine. Quasi. Via, mancano tre giorni, mica ci formalizzeremo.

Lo stato d'animo è quello solito, in sospensione. Nervo sciatico che grida vendetta: presente! Riflusso assassino verso le 2 di notte: presente! Gestosi timida e latente: presente! Per fortuna che il mitico A. dottore delle donne ha trovato la cura giusta per non farmi esplodere come un pallone. Così, questa volta, pare che faremo senza induzione.

Un po' sono delusa. Non sono mai stata una gran fan delle cose 'secondo natura', né delle attese senza certezze. Questo andare avanti e indietro dall'ospedale per tracciati, controlli, ecc un po' mi snerva.

Poi c'è la solita questione dell'atteggiamento. Perché io ho un sano desiderio di chiudere qua il pre-partita e cominciare il match vero, ma una gran paura del parto... no. Una gran ansia di incrociare gli occhi col piccolo lord... neanche quella. Tanto so che mi innamorerò con calma, tra un pannolino e una notte insonne, nel corso dei primi due/tre mesi. Epperò lo so io, ma gli altri no. Anzi, le altre, così questi ultimi giorni di attesa sono un continuo di incazzature di medio e alto livello.

Comincia la mamma decerebrata che mi accoglie sulla porta della classe della figlia grande. Mai rivolto la parola prima.
'Ah, ma tu sei quella che era già incinta all'inizio dell'anno?! Che io dicevo: quella partorisce da un giorno all'altro! Perché eri enorme!!'
Il mio gelido 'Non è una cosa tanto carina da dirsi a una donna incinta...' non fa che infiammarla ancora di più:
'No, ma eri proprio ENOOOORME! Oggettivamente!!'
L'ho guardata e ho ribadito: 'Non è una cosa gentile da dirsi a una donna incinta. E comunque io adesso devo prenotare il colloquio e andarmene, se mi fa passare. Grazie'.
Quella è ancora lì che si lamenta con le altre 'ma era proprio enorme!'

Poi c'è la zelante ostetrica che mi prova la pressione dopo che io mi sono palesemente abbioccata sulla sedia del monitoraggio:
'È agitata, signora?'
'Agitata?!' (prima no, adesso, forse, un pochino) 'Stavo quasi dormendo...'
'Ah, allora lo sapeva di essere tachicardica?!'
No, e tu? Lo sapevi che le gravide ipotese alla quarantesima settimana vanno in tachicardia al minimo movimento? No?! Ecco, vai a ripassare e lasciami dormire.

Ovviamente ci si mettono le amiche primipare esaltate. Quelle che hanno vissuto la recente gravidanza come una religione monoteista e in odore di setta e che sono francamente preoccupate dalla mia non chalance. 'Ma come, guidi ancora?' 'Ma te lo farai attaccare appena uscito, vero?' 'Ma tuo marito proprio non può essere disponibile a portarti in ospedale?' (considerato che l'ospedale che ho scelto è più o meno a metà strada tra dove lavora il consorte e dove abitiamo, francamente è meglio che io mi arrangi e lui mi raggiunga, visto che ho famigliari disponibili ad accompagnarmi, no?!).

Io sogno un sano silenzio, una kaipiroska alla fragola fatta da me con la Absolut, una porzione gigante del tiramisù di Jamie Oliver. E sì, anche di mordicchiare le cosce del piccolo lord appena uscito dalla mia vagina slabbrata. Ma con moderazione.

venerdì 14 gennaio 2011

Maternage e maternalismo

L'altro giorno in biblioteca ho guardato nell'abisso. Cioè ho sfogliato il libro di Elena Balsamo sul maternage.

Elena Balsamo è una donna con delle convinzioni al momento molto di moda, riguardo a maternità e puericultura. Convinzioni che non condivido e che nel complesso trovo una violazione della libera scelta di molte donne, per il modo in cui vengono presentate come LA soluzione migliore a tante difficoltà e tanti dubbi che le donne incontrano con la maternità.

Però le ho dato, come si conviene, una possibilità. Ho sfogliato il libro e letto in particolare le parti riguardanti gli aspetti per me più controversi:
- la pratica di portare i bambini fasciati addosso,
- il co-sleeping,
- l'allattamento,
- il trattamento medico di alcune malattie.

Non stupirà nessuno sapere che il libro è tornato sulla mensola lasciandomi della stessa opinione... che il maternage sia un nuovo perverso modo inventato dalle donne per farsi del male tra loro, farsi la predica e giudicarsi.

Prima di tutto mi si deve spiegare come il portare i bambini fasciati sia praticabile in una città del nord Italia, in inverno, senza sembrare degli yeti o prendersi una polmonite (dubito che entrando e uscendo da un luogo chiuso una abbia la voglia di sfasciare il bambino, togliersi il cappotto/piumino, per poi ripetere la manovra due secondi dopo al contrario... per non parlare dei mezzi pubblici). Ovviamente io sono una vanesia egoista che ha la pretesa di essere (minimamente) elegante e attraente anche quando va a passeggio con la prole. Ma tutto questo ragionamento non ricorda anche a voi l'atteggiamento anni Cinquanta per cui la donna che diventa madre è Madre e deve rinunciare a qualsiasi altra aspirazione e ruolo in abnegazione del sacro compito che le è stato affidato nei confronti della progenie?!

Passiamo al co-sleeping, che favorisce la tranquillità del marmocchio e il tanto agognato allattamento a richiesta. Non so voi, ma io ho festeggiato il 41esimo giorno dopo il parto (e la visita di controllo dal ginecologo) con una sessione di sesso con mio marito. Forse non è stato un rapporto sfrenato e liberatorio come quelli che si hanno a 30 anni nel pieno della propria maturità sessuale. Ma è stato bello e necessario per entrambi, per riconquistare un rapporto che amiamo e che è la causa scatenante della bambina che nel frattempo dormiva beata nella sua culla, nella sua camera. Come è possibile che questo rapporto possa sopravvivere in maniera serena alla coabitazione (caldeggiata fino al termine dell'allattamento... quindi parliamo di 18-24 mesi) con un terzo incomodo?! Per carità, apprezzo anche io il romanticismo della scena di Balla coi lupi in cui i Lakota amoreggiano senza vergogna nella tenda comune. Ma i Lakota vivono tutti in una tenda. Noi grazie a Dio no.

Dell'allattamento non si può dire senza scatenare delle guerre di religione, ovviamente. Mi permetto solo di fare notare che l'affermazione "tutte le donne hanno il latte. A meno di gravi problemi fisici o traumi psicologici" è quantomeno ironica. Invito chiunque abbia partorito per la prima volta a parlarmi dell'esperienza serena e ormonalmente equilibrata che ha avuto. Il parto è un evento assolutamente naturale e fisiologico. Come un'inondazione e un terremoto. Nella migliore delle ipotesi state subendo uno sbalzo ormonale non indifferente... come questo non possa qualificare come trauma psicologico... non so. Vogliamo poi parlare di cosa significa allattare esclusivamente, a richiesta, per periodi prolungati, senza l'impiego di tiralatte per una donna che ha (legittime) aspirazioni di independenza e professionalità? Significa rinunciare a queste aspirazioni. Semplice.

Infine, Elena Balsamo sostiene che la gran parte dei piccoli malanni e delle infezioni a cui un bambino va soggetto sono "manifestazioni della sua rabbia e della sua frustrazione" e come tali devono essere affrontate. Quindi no alla medicalizzazione di otiti, raffreddori, tosse ecc. Piuttosto leniamole con un po' di coccole e extra di attenzioni. Mi sono chiesta se la dottoressa Balsamo sia affiliata di Scientology, perché lo stile non è dissimile.

Insomma, evitiamo il più a lungo possibile la recisione (anche fisica) del cordone ombelicale che lega madre e figlio/a, nel nome della purezza, naturalità e meraviglia che è un rapporto simbiotico analogo a quello in utero.

Sono l'unica a pensare che questa sia una boiata pazzesca? Che lo sviluppo autonomo di un individuo (ovviamente con le dovute cure e attenzioni e protezioni e gradalità) sia un suo inalienabile diritto? Che una donna abbia il diritto di vivere la maternità come una parte importante, ma UNA PARTE dell'esistenza che la rende completa? E che un figlio si fa in due? Quindi la parte maschile dell'equazione (il padre) sia altrettanto importante, fondante e fondamentale di quella femminile?

Ammiro chiunque abbia convinzioni così precise e incrollabili come la dottoressa Balsamo e ne consiglio la lettura a tutte le donne che apprezzano questo stile. Tuttavia non posso che osservare preoccupata la tendenza sempre maggiore nei reparti maternità più evoluti a imporre queste convinzioni a tutte le puerpere. Ce n'è traccia anche nel serpeggiante movimento che scoraggia il coinvolgimento degli uomini nel parto (con la scusa che è una cosa da donne). Padri e medici inclusi. E nel miope discorrere di 'gineceo' come di un idilliaco luogo di sorellanza femminile.

Mi piace ricordare che il 'gineceo' era la prigione in cui erano confinate le donne in tutte le cultura patriarcali più misogine. E poter scegliere di essere libera di ascoltare il mio istinto di donna. Se mi dirà di allattare e ne vedrò le condizioni, lo farò. Altrimenti non mi sentirò meno femmina.