venerdì 7 marzo 2014

La chat delle mamme del nido

In principio appare un'idea innocua, fin utile e intelligente.

"Mi dai il tuo numero che facciamo una chat Whatsapp tra tutte le mamme della sezione? Così ci coordiniamo meglio per le feste, e se c'è qualche problema ne parliamo." Mi chiede la mamma di uno dei compagni di nido di Agenore. Ma sì, dai, penso io, figata.

Poi cominciano le giornate con 80 notifiche. OTTANTA cazzo di notifiche. In cui 20 sono righe di Emoji. 10 sono barzellette sconce, spesso omofobe. 5 sono foto o video con uomini nudi. 15 sono foto dei bimbi della sezione e 15 sono risposte alle foto, contenenti le frasi "che ometto" "che brava donnina". 10 sono lamentele infuocate contro le tate.

5 sono informazioni interessanti sulla vita scolastica.

Mi sono informata con una cliente e pare che la sindrome "chat delle mamme del nido" sia assai diffusa. In tutti i casi si manifesta come incubo assillante, con effetto rimbecillente di quasi tutte quelle che partecipano.

Il momento Twilight Zone noi l'abbiamo raggiunto quando un papà (ingenuamente credendo che la chat servisse a scambiare informazioni utili sulla sezione) ha chiesto di partecipare. La reazione immediata di tutte le mamme è stata: "no! Pensate se si offende a vedere quello che scriviamo". Quando ho timidamente fatto presente che essendo la chat nata con lo scopo di tenerci aggiornati forse era il caso di smetterla di postare certe cose, piuttosto che rifiutare la partecipazione a un genitore, è venuto fuori che sono una moralista bacchettona.

Me ne sono tornata a casa, ho tirato fuori la mia copia di Sexus di Henry Miller, poi ho messo in mute la chat delle mamme del nido per 8 ore.

mercoledì 27 febbraio 2013

Essere madre è un lavoro. Quindi l'altro come lo chiamo.

Quando lavoravo da dipendente, se la bimba si ammalava, mia madre (da 200 km di distanza) si preoccupava immediatamente:
"e come fai?"
"Come vuoi che faccia, provo con la babysitter, alla peggio uso ferie"
"Eh, attenta a non esagerare"

Sai, l'atavico senso del dovere di stampo cattolico.

Se mi ammalavo io: "vengo subito a badare alla bimba".

Da quando lavoro in proprio e ho due figli i soldi per la babysitter non ci sono e le ferie non me le paga nessuno. Semplicemente perdo il lavoro.

Di fronte al mio sconforto per la stringa infinita di malanni a catena (c'è sempre qualcuno in cura per qualcosa tra ottobre e maggio) le reazioni di mia madre si evolvono nel seguente modo:
"Mi sembra si stiano ammalando (i bimbi)" [aka la profezia]
"Gli hai provato la febbre?"
"Poverini (i bimbi)" [quando infine si ammalano]
"Riguardati così puoi curarli"
"Se hai bisogno con i bimbi chiamami" [salvo diventare impaziente quando la febbre mi scende sotto 38, punto nel quale, apparentemente, perdo il diritto all'assistenza]
"Saranno ben più importanti i bimbi del lavoro"

La colpa è soprattutto mia. Risale tutto a quando incautamente ho affermato di mettermi in proprio per provare a costruirmi una professione che valorizzasse le mie capacità e i miei interessi. Peccato di egoismo.

In fondo, se non hai un impiego a tempo indeterminato la tua missione nella vita dovrebbe essere curarti dei tuoi figli.

E la cosa con cui pago i conti come la chiamiamo? Marchetta?!

lunedì 5 novembre 2012

Principianti

Con il proliferare di blogger stilose che figliano si moltiplicano le gag divertenti.

Tipo valigie per il parto piene di camcie da notte di pizzo, asciugamani ricamati e morbide pantofole a scarpa (di quelle che ti devi chinare per infilare bene). Tutto, rigorosamente, BIANCO.

Nessuno le ha avvertite della quantità di sangue che perderanno durante e dopo il parto, pare. Altro che Ominobianco, poi.

Trust me, fate come me, la camicia da notte per l'ospedale portatevela nera.

sabato 25 agosto 2012

Leggi universali, ma poco note

Uno dei corollari meno noti e più infidi della legge di Murphy applicata alla maternità, recita che:
"Non importa quanto esigua sia la quantità di cacca nel pannolino, se la mamma indossa una camicia bianca appena lavata, il bambino riuscirà a intingere la manina nella cacca e lasciare una bella impronta sul fronte della camicetta della mamma."

Sono cose da sapere. Sapevatelo.

mercoledì 8 agosto 2012

Full service

La quota "badante-per-bambino" in una località di villeggiatura di lusso è impressionante.

Ci sono famiglie con 2 figli che si muovono con la signora alla pari e la badante della nonna, che spesso si occupa anche dei bambini.

Anche nei miei più sfrenati sogni di ricchezza non ho mai concepito l'ipotesi di portarmi la baby sitter in vacanza. La donna delle pulizie sì. E anche la segretaria. Persino il maggiordomo o la governante. Approvo anche i centri estivi e le attività ricreative di poche ore al giorno, che offrono ai bimbi il genere di svago che piace a loro, invece che quello che piace ai genitori.

Ma che senso ha delegare alla solita estranea l'assistenza sullo scivolo, la sveglia dal sonnellino pomeridiano, la passeggiata per andare a prendere il gelato?! Quelli sono i momenti migliori e a più alto rendimento emotivo che un genitore possa avere, con il minimo sforzo oltretutto.

Tanto vale mandarli al collegio in
Svizzera, se proprio si vuole farne dei disadattati assetati di potere, no?!

venerdì 16 settembre 2011

Genitori a termine, cattivi genitori?!

Il caso della bambina di Torino tolta ai genitori anche per la loro età mi ha fatto pensare.

Certo si tratta di un caso particolare che va al di là di questo riassunto semplicistico (tutto è cominciato con un episodio effettivamente sospetto), tuttavia mi fa pensare.

Lo stato dovrebbe togliere i figli a una coppia in cui entrambi i genitori hanno pesanti parentalità di tumore? Dovrebbe intervenire se genitori con segni di malattie degenerative non rinunciano autonomamente ai propri figli?

Insomma, è giusto attribuire una qualità di relazione sulla base della sua probabile brevità? Alla fine fine, tolte le lunghe ore di lavoro, quanti di noi potrebbero dire di passare più di qualche breve anno con i nostri figli?

martedì 6 settembre 2011

Cliché

Il piccolo lord ha imparato a battere le mani.

E io come una scema mi commuovo.

Tipico.